Bevuto a Natale: Emidio Pepe Montepulciano d'Abruzzo 1995



Guardo la bottiglia perplesso, so bene che Emidio Pepe, ultimo contadino vero dell'Abruzzo del vino, divide da sempre gli enoappassionati per il suo essere non omologato e per la variabilità delle sue bottiglie che rischiano di mandarti all'inferno o in paradiso in un attimo.
Guardo la bottiglia perplesso e mi dico che sarà per la prossima volta, che questo è il prezzo che devo pagare per la "naturalità" della cantina e per una artigianalità contadina (imbottigliano, dicono, ancora a mano) che spesso incenso ma che oggi, mentre scrivo, stramaledico visto il risultato finale: vino gettato via. Sì, non ce l'ho fatta a berlo tutto.
Appena apro la bottiglia e verso il montepulciano nel bicchiere la prima sensazione che ho avuto è di essere all'interno di una scena del crimine di CSI: l'odore ematico che si sprigionava dal bicchiere era talmente forte che, se chiudevo gli occhi, immaginavo di essere dentro ad uno dei film splatter Peter Jackson.

Poco dopo, però, arriva lui, il vero killer di Natale: Monsieur Brettanomyces. Da quel momento in poi non c'è ne è stato più per nessuno. Lascio il vino respirare per ore, lo travaso, lo lascio anche un giorno ad ossigenare. Nulla. Il vino sa di fattoria, di cavallo, non altro in questo odore, per molti considerato caratteriale e tipico, che mi possa affascinare a tal punto di proseguire con questo vino che in bocca, bisogna sottolinearlo, risulta davvero ottimo come equilibrio e lunghezza anche se minato da quel retrogusto tremendo. Apro un'altra bottiglia del '95. Lo stesso odore.

Mi perdonerà Emidio se scrivo queste cose, so perfettamente che ferirò la sua anima fiera di vignaiolo, però in una carriera prestigiosa come la sua certi incidenti possono accadere. Penso anche che non sia la prima volta che glielo dicono.
Ricordo ancora il suo Montepulciano 1977. Ecco, rivoglio quelle sensazioni e sono sicuro che in futuro le ritroverò nei suoi vini.

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